Sabato 9 aprile a Roccaporena di Cascia, paese natale di Santa Rita, è stato celebrato il Giubileo dei genitori dei figli in cielo. Alla scuola di Rita, che ha pianto la morte dei suoi due figli (Giangiacomo Antonio e Paolo Maria, ndr), oltre cento genitori che hanno sperimentato la stessa terribile situazione hanno chiesto al Signore la luce e la forza per continuare il cammino nella fiducia e nella speranza. Nel piccolo borgo sono giunte famiglie dall’Umbria, dalle Marche, dal Molise e dalla Sicilia: è stato l’arcivescovo di Spoleto-Norcia, mons. Renato Boccardo, ad accoglierle e a dare il benvenuto. «Abbiamo pensato – ha detto il Presule nel saluto iniziale – di fare memoria dei vostri figlioli e di pregare per loro. È una giornata caratterizzata allo stesso tempo da un velo di tristezza e da una carica di speranza. La ferita che portate dentro, infatti, non si rimarginerà mai, ma camminando nelle vie che il Signore ci pone dinanzi si può cicatrizzare». C’erano genitori che avevano perso il figlio da oltre venti anni, chi da nove mesi e chi addirittura da qualche settimana; c’erano mamme e papà in là con gli anni, alcuni senza più neanche il coniuge, e altri giovanissimi; c’era chi aveva perso il figlio in un incidente stradale, chi a causa della malattia, chi per suicidio. Con attenzione hanno ascoltato Andreana Bassanetti, psicoterapeuta e psicologa clinica, ma soprattutto presidente nazionale dell’associazione “Figli in cielo”, una comunità di famiglie che hanno vissuto la perdita di un figlio e desiderano essere vicino a chi sta vivendo la stessa dolorosa esperienza perché nessuno sia solo in un momento così difficile e oscuro. Questa comunità è stata fondata nel 1991 dalla stessa Bassanetti dopo la perdita della figlia Camilla (per suicidio, ndr); si inserisce nel cammino pastorale delle Diocesi (fondamentale l’obbedienza al Vescovo del luogo); è presente in tutto il territorio italiano e in molti Paesi nel mondo; è contraria a qualsiasi forma di medianità o messaggi con l’aldilà. Attraverso incontri personali e comunitari – che si tengono sempre in locali parrocchiali o diocesani, mai nelle case private – propone a chi ha perso un figlio un percorso luminoso che dia senso a quanto accaduto e apra orizzonti di una vita nuova: il tutto trova centralità nella celebrazione eucaristica. «Quando incontro i genitori che hanno perso un figlio – ha detto la Bassanetti tra le altre cose – parto da questa domanda: vostro figlio c’è o non c’è? Diciamo che per il 50% c’è e per il 50% non c’è. Da qui si inizia a camminare, certi che il Signore farà la sua parte, ci darà tutte le risposte, ci aiuterà a scoprire la verità dentro di noi, capendo la nostra iniziale e normale ribellione a tutto e a tutti, anche a Lui. Chi perde un figlio – ha proseguito – è debole ed è facile essere tirati da una parte all’altra, cadere nella suggestione di un medium. Pensate che a volte nell’abbracciare i genitori al funerale del proprio figlio mettono nelle tasche di queste persone avvolte dal più grande dolore che un essere umano possa provare uno scritto che poi ai loro occhi appare come un messaggio dall’aldilà: e inizia, purtroppo, un percorso di abbindolamento che conduce alla distruzione, che non ti renderà mai consapevole della morte del figlio. È importante allora affidarsi all’unico che ha vinto la morte, Cristo, e parlare, confrontarsi, pregare con chi vive lo stesso dramma e insieme scoprire cosa Dio ha scritto nel nostro cuore e cosa la sua Parola dice per noi». Molto chiara la Bassanetti anche sul ricorso alla psicologia, la materia sulla quale ha basato tutta la sua vita professionale: «Non può trattare il lutto perché ci fa rimanere nel lutto, non ha niente da dire perché si ferma all’uomo, oltre non può andare». L’incontro si è concluso con la chiarificazione della missione nella Chiesa dei genitori che hanno perso i figli: «Dobbiamo – ha detto la Bassanetti – annunciare la resurrezione di Gesù e viverla, diventare lampade di testimonianza nella Chiesa». È seguito un momento in cui chi lo ha desiderato ha condiviso la propria triste storia con gli altri. Dopo un pranzo in fraternità, c’è stata la visita ai luoghi ritiani di Roccaporena, in particolare alla chiesa di S. Montano dove sono sepolti i figli di Santa Rita. Alle 17.00, c’è stato il passaggio della Porta Santa della Misericordia e la celebrazione eucaristica presieduta dall’Arcivescovo. Al termine, mons. Boccardo ha annunciato l’avvio ufficiale in Diocesi del gruppo “Figli in Cielo” (finora un gruppo di genitori si incontrava in modo ufficioso per la celebrazione eucaristica, ndr) che sarà seguito da don Mario Giacobbi, parroco emerito di Cortaccione di Spoleto, e si ritroverà per la celebrazione della Messa e per un incontro il terzo venerdì di ogni mese alle ore 21.00 presso la chiesa di S. Ponziano a Spoleto. Poi, ha consegnato ad ogni mamma dei figli in cielo una rosa rossa, simbolo della spiritualità ritiana. Il Presule per l’occasione ha composto una preghiera per i figli in cielo che i genitori possono recitare ogni giorno: “O Dio, autore della vita, alla tua bontà paterna affidiamo i nostri figlioli, troppo presto strappati all’esistenza. Grande è il vuoto che hanno lasciato nel nostro cuore e nella nostra casa. Pur tra le lacrime e nella sofferenza, ci consola la certezza che ora essi vivono in te e continuano misteriosamente una presenza d’amore accanto a coloro che li hanno amati in terra. Per intercessione di Santa Rita che ha pianto i suoi figli, accogli i nostri ragazzi nel tuo abbraccio di misericordia e concedi a noi fortezza e speranza, nell’attesa operosa del giorno in cui ci ritroveremo insieme nella tua casa. Amen”.
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